L'arte romana ci ha lasciato in affreschi e sculture, mosaici e monete, testimonianze significative di immagini di cani molto simili al nostro cirneco. Nell’antica Roma i cani erano molto amati tanto che nelle provincie dell’impero venivano inviati i procuratores cinogiae cioè quegli ufficiali specializzati nella ricerca e raccolta di cani pregiati d’allevamento, cani che venivano trasportati a Roma per l’addestramento e la riproduzione.
I Romani classificavano i cani in venatici (i nostri cani da caccia), pastorales (da pastore) e villatici (cani da guardia di fattorie, case, campi e accampamenti). I cani da caccia venivano distinti ulteriormente in sagaces (che seguono le tracce della selvaggina), celeres (che rincorrono la selvaggina) e pugnaces (che attaccano la selvaggina).
A Roma il cane era simbolo di cattiveria e di aggressività tanto che l’oratoria aggressiva, fino a rasentare l’impudenza, veniva detta eloquentia canina, oggi diremmo eloquenza mordace. Non a caso all’ingresso delle case romane, nei cortili, nei corridoi d’accesso all’atrio gli ospiti venivano accolti da mosaici in bianco e nero raffiguranti grossi cani da guardia e molossi in atteggiamento ostile, pronti ad abbaiare e a saltare addosso agli sconosciuti. E non di rado accanto al monito figurativo si aggiungeva anche la scritta Cave canem!: attenti al cane, un avvertimento giustificato appunto dalla credenza che il cane da guardia, spesso proprio il mastino napoletano, fosse aggressivo o, comunque, addestrato ad esserlo. (Cave Canem: Mosaico pavimentale a tessere bianche-nere dalla casa del Poeta Tragico di Pompei, I sec. d.c.)
I Romani classificavano i cani in venatici (i nostri cani da caccia), pastorales (da pastore) e villatici (cani da guardia di fattorie, case, campi e accampamenti). I cani da caccia venivano distinti ulteriormente in sagaces (che seguono le tracce della selvaggina), celeres (che rincorrono la selvaggina) e pugnaces (che attaccano la selvaggina).
A Roma il cane era simbolo di cattiveria e di aggressività tanto che l’oratoria aggressiva, fino a rasentare l’impudenza, veniva detta eloquentia canina, oggi diremmo eloquenza mordace. Non a caso all’ingresso delle case romane, nei cortili, nei corridoi d’accesso all’atrio gli ospiti venivano accolti da mosaici in bianco e nero raffiguranti grossi cani da guardia e molossi in atteggiamento ostile, pronti ad abbaiare e a saltare addosso agli sconosciuti. E non di rado accanto al monito figurativo si aggiungeva anche la scritta Cave canem!: attenti al cane, un avvertimento giustificato appunto dalla credenza che il cane da guardia, spesso proprio il mastino napoletano, fosse aggressivo o, comunque, addestrato ad esserlo. (Cave Canem: Mosaico pavimentale a tessere bianche-nere dalla casa del Poeta Tragico di Pompei, I sec. d.c.)
6 commenti:
Credo che anche i gatti fossero animali mal visti nell'antica Roma oppure è solo una mia convinzione perchè a me non piacciono.
Angela
Nulla fa pensare questo nell'antica Roma.
Il popolo romano negli animali ammirava la forza e la mole. Appassionati di circhi e combattimenti importavano dall'Africa prevalentemente grossi felini e altri animali feroci di grossa taglia.
Ugualmente desiderarono avere i gatti come animali da compagnia.
Le importazioni dall'Egitto avvenivano in vari modi. I legionari romani di ritorno dall'Egitto spesso ne portavano uno con se correndo non pochi pericoli per le ire degli egiziani.
Durante le campagne di conquiste i romani li portarono con sé contribuendo alla sua diffusione in tutta Europa. Tracce della presenza del gatto sono state rinvenute in tutte le regioni conquistate dai romani.
Quindi è solo una mia stupida convinzione!!!
Per fortuna ci sei tu con il tuo blog!
I gatti, soprattutto quelli neri, sono stati oggetto di caccia indiscriminata dal medioevo.. perchè simboleggiavano, nella cultura cattolica, il simbolo del diavolo e dei suoi compagni.. vedi streghe etc etc....
Ma i gatti fin dall'antichità erano tenuti in grande considerazione, vedi Antico Egitto dove erano addirittura venerati.....
The Cat (nomen omen)
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
molto intiresno, grazie
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