Oggi racconto dell'opera che più mi ha colpito durante la mia visita alla mostra allestita alle Scuderie del Quirinale: Ercole e Telefo.
L'affresco, in prestito dal Museo Archeologico di Napoli e Pompei, proviene dalla cd. Basilica di Ercolano ed è un frammento di una decorazione paretiale in IV stile, databile tra il 50 e il 79 d.C..
La Basilica, nota nel Settecento come Tempio di Teseo o di Ercole proprio in virtù dei quadri, è sepolta sotto la moderna Ercolano.
Incontrare il tema di Ercole e Telefo ad Ercolano è confrontabile con la storia di Romolo e Remo, e non è allora fortuito che le biografie di Telefo e Romolo figurino come vite parallele nell’opera di Plutarco, mentre i due soggetti compaiono quali pendants nel repertorio figurativo non solo ellenistico, ma anche romano-imperiale.
Nella mitologia greca Telefo è figlio di Eracle e di Auge, figlia del re di Tegea, Aleo.
Giunto a Tegea, in Arcadia, Eracle ebbe un rapporto amoroso con Auge, figlia del re della città Aleo, senza conoscerne però la reale identità. Da questa unione nacque un bambino, che fu nascosto segretamente da Auge nel recinto di Atena.
Giunto a Tegea, in Arcadia, Eracle ebbe un rapporto amoroso con Auge, figlia del re della città Aleo, senza conoscerne però la reale identità. Da questa unione nacque un bambino, che fu nascosto segretamente da Auge nel recinto di Atena.
Ma Aleo scoprì la maternità della figlia quando, in seguito a una pestilenza che stava devastando il regno, si recò al tempio per pregare la dea. Il bambino fu dunque preso ed esposto sul monte Partenio dove, per volere divino, fu allattato da una cerva. Auge invece fu affidata al re Nauplio per essere venduta in terre lontane. Quest’ultimo, giunto in Misia, ricevette un riscatto dal re Teutrante, che la prese con sé.
Secondo un’altra versione Nauplio doveva affogare la fanciulla, ancora incinta, che però riuscì a fuggire e partorì il piccolo in un boschetto, nascondendolo poi in mezzo ai cespugli. La giovane però, ricatturata, venne venduta a un ammiraglio di Misia che la donò al re Teutrante. Il piccolo, allattato, come detto prima, da una cerva, fu ritrovato da alcuni pastori che lo consegnarono al proprio re, Corito, chiamando il piccolo Telefo, in onore della prima nutrice (il suo nome significa infatti “cerva”).
Diventato adulto, volle avere notizie sulla madre e si recò a Delfi per chiederne informazioni. L’oracolo gli consigliò di recarsi in Misia dal re Teutrante. Giunto dunque in Misia con l’amico Partenope, vide come quella terra era minacciata dall’esercito del re Ida.
Teutrante aveva promesso la mano di Auge a chi avesse sconfitto le schiere del rivale. Telefo affrontò dunque in duello Ida e lo uccise, ricevendo in premio Auge, senza sapere però chi fosse realmente. Ma la donna, riconoscendolo, non volle unirsi a lui e svelò al figlio la sua vera identità. Teutrante felice decise di adottarlo come suo erede e gli diede in moglie Astioche, figlia del re alleato Priamo, da cui ebbe in figlio Euripilo. Alla morte del re, Telefo divenne sovrano di Misia.
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