Ritorno su uno delle più belle opere che ho ammirato alla mostra presso le Scuderie del Quirinale.
Le nozze Aldobrandini è un frammento di fregio da una decorazione paretiale in III stile, ritrovato in una domus romana sull'Esquilino ed esposti presso i Musei Vaticani.
Al centro del riquadro, sul letto, ci sono Venere che tranquillizza la sposa in attesa del marito. Ai piedi del letto è rappresentato il dio delle nozze mentre ai lati ci sono i consueti riti del matrimonio romano (il fuoco e il benvenuto).
I romani prevedevano tre diverse forme di matrimonio che ponevano la donna sotto la manus, il potere, del marito:
- la confarreatio, gli sposi facevano offerta di una torta di farro a Giove Capitolino, alla presenza del sommo pontefice e di chi officiava il rito, il Flamen dialis;
- la coemptio il padre plebeo metteva in atto una vendita fittizia della figlia, così emancipandola, al marito;
- l'usus: la coabitazione ininterrotta di un anno di un plebeo con una patrizia era considerata un matrimonio legale.
Nel II secolo nessuna di queste tre forme era sopravvissuta. Il primo a scomparire fu l'usus molto probabilmente abolito da Augusto. L'ultimo esempio di matrimonio secondo l'uso della coemptio risale all'epoca del secondo triumvirato (43 a.C.). La confarreatio era così caduta in disuso che al tempo di Tiberio risultavano solo tre patrizi nati da un matrimonio di questa forma.
Quelle antiche forme di matrimonio al tempo di Gaio erano ormai argomento delle dissertazioni dei giureconsulti mentre ormai si era consolidato un rito matrimonaile che nelle sue caratteristiche esteriori ma anche nello spirito era molto simile al nostro.
Quando ha finito di vestirsi la fidanzata riceve il fidanzato, la famiglia e gli amici di lui: tutti assieme poi sacrificano agli dei nell'atrium della casa o presso un tempio vicino. Quando il sacrificio della pecora o di un bue, più frequentemente di un maiale è stato compiuto, l' auspex e i testimoni, solitamente una decina, pongono il loro sigillo sull'atto di matrimonio che però può anche mancare. L' auspex, che non è un sacerdote né un funzionario, esamina le interiora per vedere se gli dei gradiscano quanto è stato celebrato: se così non fosse il matrimonio sarebbe annullato. L'auspex dunque in un religioso silenzio annunzia il favore degli dei e gli sposi pronunciano una formula che nella concisione romana esprime meglio di mille parole lo spirito della unione matrimoniale: Ubi tu gaius, ego Gaia.
Tre amiche della novella sposa entrano anche loro in casa, una porta la conocchia, un'altra il fuso, chiari simboli di quelle che saranno le sue attività casalinghe, mentre la terza, la più importante, accompagna la sposa al letto nuziale dov'è il marito che le toglie il mantello e le scioglie il triplice nodo della cintura che ferma la tunica mentre tutti gli invitati discretamente se ne vanno.
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