Domani alle ore 15,00 si terrà la visita guidata, organizzata dal Comune di Roma, all'area di Sant'Omobono.
L'area archeologica, scoperta nel 1937 nei pressi della chiesa di Sant'Omobono (all'incrocio tra l'odierna via L. Petroselli e il Vico Jugario, ai piedi del Campidoglio), ha restituito molti documenti di importanza eccezionale per la comprensione della storia di Roma arcaica e repubblicana. Vi sono compresi due templi, il tempio di Fortuna e il tempio di Mater Matuta.
Il Vicus Iuguarius congiungeva anticamente il Foro con il porto fluviale sul Tevere, al confine tra Foro Olitorio e Foro Boario.
Il Vicus Iuguarius congiungeva anticamente il Foro con il porto fluviale sul Tevere, al confine tra Foro Olitorio e Foro Boario.
Nel secondo quarto del VI secolo a.C. sorsero sull'area già occupata da capanne protostoriche, due templi arcaici gemelli, dei quali solo uno è stato possibile scavare (il secondo è sotto la chiesa). Dalle fonti sono stati indicati come i templi della Fortuna e della Mater Matuta.
Le fonti collegano almeno il tempio della Fortuna a Servio Tullio, che intendeva celebrare con questo edificio la sua divinità protettrice, alla quale dedicò ben 26 templi a Roma, ciascuno con un'epiclesi diversa.
Significativa fu la scelta del luogo: accanto al porto a voler sottolineare la crescente importanza commerciale di Roma.
Significativa fu la scelta del luogo: accanto al porto a voler sottolineare la crescente importanza commerciale di Roma.
Anche la Mater Matuta era dopotutto una divinità legata alla navigazione (la "stella mattutina" che salvava dai naufragi e indicava la rotta, simile alla greca Inò), quindi popolare tra i marinari e mercanti stranieri che dovevano frequentare il porto.
L'area sacra, secondo i materiali rinvenuti negli scavi, venne restaurata nel 540 a.C. e abbandonato alla fine del VI secolo a.C., in corrispondenza della fine della monarchia etrusca.
La zona venne riedificata circa un secolo dopo, quando il livello del santuario venne rialzato artificialmente di circa quattro metri, con la costruzione di un unico, grande podio quadrato e con un orientamento nord-sud perfettamente ortogonale.
Il secondo rifacimento viene attribuito dalle fonti a Camillo, situandolo agli inizi del IV secolo a.C., dopo la presa di Veio nel 396 a.C..
Il pavimento venne ulteriormente rifatto dal console Marco Fulvio Flacco dopo la conquista di Volsinii nel 264 a.C., con due nuovi basamenti di donario quadrangolari e uno circolare al centro, dove venivano poste le statuette bronzee saccheggiate nella città etrusca e nel santuario della federazione etrusca, che le fonti calcolano in circa duemila pezzi.
Davanti ai due templi, strettamente collegati alla Porta Triumphalis ed al percorso del trionfo, Lucio Stertinio collocò nel 291 a.C. i primi due archi trionfali coronati da statue dorate.
L'ultimo intervento risale all'epoca di Domiziano, con rifacimenti adrianei, come dimostrano i bolli presenti sui mattoni: i due templi vennero ricostruiti su una platea di travertino, con al centro un arco quadrifronte che fungeva da porta trionfale, come compare anche in alcune monete e in due rilievi aureliani dell'arco di Costantino.
Attualmente nell’area è completamente visibile solo il tempio della Fortuna, dal momento che la cella della Mater Matuta è stata riutilizzata con ogni probabilità alla fine del V secolo d.C. come edificio di culto cristiano, internamente ristrutturata nel Medioevo, con il presbiterio rialzato e decorato da pavimenti cosmateschi. Si tratta della chiesa menzionata nei documenti come S. Salvatore in Portico, sulla quale nel 1482 viene ricostruito un nuovo edificio di culto, con orientamento opposto al precedente e dedicato nel 1575 a S. Omobono, protettore dei sarti.
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