lunedì 23 giugno 2008

Servio Tullio

Servio Tullio, il sesto re di Roma, secondo la tradizione regnò dal 578 a.C. al 535 a.C..
Servio, come attestato anche dal nome, era di umili origini; nacque infatti da una prigioniera di guerra (che si racconta fosse stata nobile nella sua città) ridotta a servire il focolare domestico del re Tarquinio Prisco.
Deve la sua fortuna a Tanaquil, moglie del re, che ne indovinò la futura grandezza e per questo gli diede in sposa la figlia ed alla morte del marito fece in modo che Servio gli succedesse come re di Roma.
Infatti, quando Tarquinio fu ucciso in una congiura, Tanaquil ne informò il popolo romano nascondendo la morte del re, dicendo invece che egli era rimasto ferito e che nel frattempo Servio Tullio ne sarebbe stato il reggente. Diede quindi modo a quest'ultimo di presentarsi come il naturale successore quando, solo in seguito al ristabilirsi della calma, venne comunicata la morte del re.
Fu l'autore della più importante modifica dell'esercito dell'epoca pre-repubblicana. Si rese conto infatti che per assicurare a Roma una forza militare sufficiente a mantenere le proprie conquiste era necessario un esercito più numeroso di quello che possedeva (un'unica legione di circa 3000 uomini, detto esercito romuleo).
Si impegnò quindi a favorire il reclutamento degli strati inferiori della società, fino ad allora esclusi dal servizio militare, segnando così il primo passo verso il riconoscimento politico di quella che solo grazie a questa riforma prenderà a chiamarsi plebe.
Roma continuò la sua politica di espansione territoriale, questa volta a danno delle città etrusche di Veio, Cere e Tarquinia; dopo alterne vicende i romani ebbero la meglio su queste città e ingrandirono il loro territorio verso nord.
Servio Tullio modificò la tradizionale ripartizione in tribù del popolo romano, che non tenne più conto dell'origine delle genti, ma che considerava come criterio di appartenenza il luogo di residenza. Vennero così create quattro tribù urbane (Suburana, Palatina, Esquilina, Collina) e diciassette tribù rustiche (extra-urbane); in questo modo, oltre a omogenizzare i cittadini romani, si poteva anche valutare il patrimonio dei singoli cittadini e quindi fissarne il tributo che questi dovevano versare alle casse dello stato, oltre che il censo, che ne determinava i diritti ed i doveri.
Servio Tullio fece costruire sull'Aventino il tempio a Diana, che corrisponde alla dea greca Artemide, il cui tempio si trovava ad Efeso, trasferendo da Ariccia il culto latino di Diana Nemorensis.
Come per i greci, per i quali il tempio di Artedimide rappresentava una federazione di città, con il tempio di Diana, costruito intorno al 540 a.C., i romani miravano a porsi come centro politico e religioso delle popolazioni del Lazio e forse anche dell'Etruria meridionale.
A Servio si ascrive anche la decisione di costruire il Tempio di Mater Matuta ed il Tempio della Dea Fortuna, entrambi al Foro Boario.
Servio Tullio fu ucciso da Tarquinio il Superbo che ebbe come complice la seconda moglie Tullia Minore, figlia minore di Servio; si tramanda infatti che Tarquinio, dopo aver provocato il re, gettasse questo giù dalle scale della Curia; il sovrano, ferito ma non ancora morto, fu quindi finito dalla figlia che gli passò sopra con un carro trainato da cavalli, mentre cercava di scappare dal foro.
Secondo un'antica tradizione la figura di Servio Tullio si identifica con quella di Mastarna, alleato di Celio Vibenna (o Vivenna), entrambi condottieri etruschi impegnati in spedizioni di conquista in Etruria e nei territori circostanti, e rifugiatisi, al termine di alterne vicende belliche, sul Monte Celio a Roma. Mastarna avrebbe poi ottenuto il regno e cambiato il nome, assumendo quello di Servio Tullio. Questa versione dei fatti fu oggetto anche di un famoso discorso al Senato dell'imperatore etruscologo Claudio (riportato nelle tavole di bronzo di Lione).
Gli storici, al di là degli aspetti leggendari del racconto, non escludono che possa avere qualche fondamento di verità, e portano a sostegno di questa ipotesi anche i famosi affreschi della Tomba François di Vulci che rappresentano in modo sorprendentemente realistico questo ciclo di racconti epici.

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