Quarto appuntamento al Teatro Valle e dopo il successo di “Il Dubbio” con Stefano Accorsi, ieri avevamo grandi aspettative nel vedere Luigi Lo Cascio calcare il palcoscenico.
Lo spettacolo, si legge sul dépliant, tratto da Baccanti di Euripide, è un monologo multimediale che, con segno nuovo ed originale, porta in scena il dialogo di diversi linguaggi artistici, creando continui cortocircuiti: dalla proiezione di video all’animazione, dal teatro di parola al teatro di figura, mettendo in gioco il corpo e la voce, le visioni e i suoni, le luci e il disegno.
Ammetto che non sono pronto a queste opere moderne, ho avvertito troppa confusione sia visiva che acustica. Ero consapevole di assistere a un monologo ma speravo in qualcosa di più comprensibile. Nonostante il mio grande impegno non ho capito nulla. Sicuramente sarà colpa mia anche perché alcuni spettatori (per lo più anziani) non smettevano mai di applaudire e sottolineavano con frasi tipo : fantastica performance.
Lo spettacolo è presentato, a palcoscenico vuoto, dalla proiezione su schermo di una citazione di Kafka. Difatti, secondo la critica Stefania Lopedote, il dramma messo in scena è kafkiano, e il senso della metafora venatoria diventerà sempre più chiaro al pubblico man mano che la trama avanzerà, in un vero e proprio processo di metamorfosi del personaggio (unico, interpretato dall’attore) sulla scena.
Beata lei che c'ha capito qualcosa!
La storia è incentrata su Perseo, tiranno di Tebe che sfidò il dio Dioniso ( per i romani Bacco) non credendo alla sua divinità. L'attore ha raccontato (forse) l’inseguimento, in un crescente delirio di follia (si effettivamente la follia l'ho percepita), di Perseo che cerca di stanare e catturare il dio, colpevole di aver portato a Tebe il seme dell’ebbrezza sovvertitrice di ordine sociale e gerarchie patriarcali. Ma nel fare questo, suo malgrado, il sovrano da “cacciatore” diventerà progressivamente “preda”, da tracotante inseguitore fiero e sicuro, vittima, fino all’inevitabile tragico finale (il finale l'ho copiato e incollato perché mi sono addormentato).
La prova di Lo Cascio mi è sembrata ottima in quanto è riuscito a tenere banco sul palcoscenico per più di un’ora su una scena pressoché vuota, scenografia ridotta all’osso. Unica importante presenza : lo schermo alle sue spalle dove venivano proiettati sia dei disegni in evoluzione (con gran confusione) e sia l'originale la figura del critico e studioso di mitologia personificato da un bambino con la voce identica al direttore de "il giornale", Mario Giordano.
Per Stefania Lopedote "La Caccia" è un pezzo d’autore molto moderno, molto complicato. Qualcuno lo definirà pesante (molto!!). Qualcuno lo definirà pretenzioso (mahh). Sicuramente non è da andare a vedere se si cerca divertimento leggero e a buon mercato. Ma è imperdibile per chi cerca Cultura (con la C maiuscola) magistralmente interpretata da un ottimo attore, coadiuvato da un ottimo team.
Nel mio piccolo non mi trovo d'accordo in quanto non è possibile differenziare il teatro di Cultura e quello non di Cultura. La Cultura, in una concezione umanistica o classica, si presenta come la formazione individuale, un’attività che consente di “coltivare” l’animo umano (deriva infatti dal verbo latino colere).
Un'opera di cultura deve essere alla portata di tutti mentre ieri pochi dei presenti l'hanno capita e molti di meno apprezzata. Non per questo bisogna cadere nello snobismo rispolverando il luogo comune che le cose che non si capiscono sono di Cultura mentre il resto è per gli ignoranti.
Concludo invitadovi a vedere questo fantastica scena tratto dal film "vacanze intelligenti"
2 commenti:
Ma forse era solo lo sfondo nero che ti ha conciliato il sonno.
Certo che lo spettacolo era proprio imperdibile... da ritornarci. Ricordiamo il prossimo anno, se dovesse esser di nuovo in cartellone a Roma.
B.
Comprendo la tua ironia ma non ci tornerei neanche se fosse Lo Cascio in persona a pagarmi.
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