lunedì 4 aprile 2011

Roman e il suo cucciolo


Venerdì abbiamo assistito all'ultimo spettacolo del nostro abbonamento al Quirino per questa stagione.


"Roman e il suo cucciolo" di una piece teatrale ispirata al testo “Cuba & His Teddy Bear” di Reinaldo Povod riadattata nella periferia di Roma, in una comunità di cittadini stranieri e italiani..


Al centro della trama c'è un dramma familiare e al contempo sociale che si sviluppa nella comunità di immigrati romena: Roman, arrivato a Roma da bimbo con la madre scappata dal regime comunista di Ceauşescu, è uno spacciatore di droga che vive la sua drammatica esistenza nella speranza che il figlio – amato ma profondamente incompreso - possa, con i suoi soldi, riscattarsi dalla miseria e dalla povertà.Tutto qui è iperrealistico a cominciare dalla recitazione, dalla gestualità, dal modo in cui gli attori si propongono ma dovrei dire si "impongono" con una forza incredibile al pubblico.

Tutto lo spettacolo è iperrealistico: la violenza, l'angoscia, l'emarginazione, la solitudine.

IL dramma è ambientato uno spaccato di casa a due altezze in modo da permetterci la visione simultanea di situazioni diverse ma contemporanee. Una casa ai margini della tangenziale dove sfrecciano i fari luminosi delle macchine e dove regna una fisicità fortissima.

Tutto è esasperato, tutto palesemente sbagliato, come sbagliata è la droga, coca, eroina che si vende, che si sniffa anche se per un avvenire migliore del "cucciolo".
Uno spaccato di vita terribile nel contrasto fra il padre prevaricatore e il figlio timido.
Attorno a loro ruotano Geco, un socio in affari di Roman, Che, un intellettuale eroinomane, che trascina Cucciolo sulla strada della droga, un altro romeno spacciatore e la sua giovane prostituta.

Lo spettacolo affronta due temi molto impegnativi: il rapporto padre e figlio e il dramma dell'immigrazione, molto attuale in questo momento.

Anche questa volta Gassman dimostra di apprezzare la compresenza e sovrapposizione di teatro e cinema, con videoimmagini e videografie che scandiscono il tempo teatrale, grazie a un impianto di retroproiezione su un grande tulle nero posto a copertura del boccascena: lo aveva già utilizzato nello spettacolo precedente: La Giuria.

Lo spettacolo, però, risulta troppo caotico e dinamico, come detto, iperrealistico. Anche i suoni erano troppo alti, dandomi quella sensazione, forse voluta, di caos ed ansia che mi ha disturbato.
Alla fine non sono riuscito a soffermarmi sulla morale della serata (rapporto padre-figlio ed emarginazione) ma solo sulla bravura degli attori. Perché i protagonisti sono stati tutti eccezionali.
Alessandro Gassman ormai è una certezza per come riesce ad accentrare su di se tuta la scena. Sopra agli altri ricordiamo Giovanni Anzaldo (Cucciolo), fragile e imcompreso adolescente e Manrico Gammarota ( Geco), malvivente sprovveduto con forte accento pugliese.

Sono molto combattuto se consigliarlo.



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