domenica 16 marzo 2008

L'assassinio di Cesare


Alle Idi di marzo (15 marzo) del 44 a.C. Giulio Cesare venne ucciso durante una seduta del Senato di Roma. Fu assassinato dai nemici a cui aveva concesso la sua clemenza, dagli amici a cui aveva concesso onori e gloria, da coloro che aveva nominato eredi nel suo testamento.

Secondo la tradizione, la morte di Cesare fu preceduta da un incredibile numero di presagi: e alla vigilia dell'omicidio, Calpurnia, la moglie di Cesare, donna del tutto priva di superstizioni religiose, fu sconvolta da sogni in cui la casa le crollava addosso, e lei stessa teneva tra le braccia il marito ucciso.

Lo stesso Cesare sognò di librarsi nell'etere, volando sopra le nubi e stringendo la mano a Giove.


Il giorno successivo, quello delle Idi di Marzo, il 15 del mese, Calpurnia pregò dunque Cesare di restare in casa, ma quegli, che la sera prima aveva detto, a casa di Lepido, che avrebbe preferito una morte improvvisa allo sfinimento della vecchiaia, sebbene si sentisse poco bene, fu convinto dal congiurato Decimo Bruto Albino a recarsi comunque in senato, in quanto sarebbe sembrato sconveniente che non salutasse neppure tutti i senatori che si erano riuniti per nominarlo, proprio quel giorno, re.

Cesare, che poco più di un mese prima aveva imprudentemente deciso di congedare la scorta che sempre lo accompagnava, uscì dunque in strada, e qui fu avvicinato da un indovino, Artemidoro di Cnido, che gli consegnò un libello in cui lo ammoniva del pericolo che stava per rischiare. L'indovino si sincerò che Cesare lo leggesse quanto prima, ma il dittatore, che più volte si apprestò a farlo, non vi riuscì per colpa della folla che lo circondava. Giunto alla Curia di Pompeo, Cesare fu avvicinato da un aruspice di nome Spurinna, che lo aveva avvisato di guardarsi dalle Idi di Marzo: a questi il dittatore disse, con aria beffarda, che le Idi erano arrivate, ma l'indovino gli rispose che non erano ancora passate.

Entrato in senato, si andò a sedere ignaro al suo seggio, e fu subito attorniato dai congiurati, che finsero di dovergli chiedere grazie e favori.

Mentre Decimo Bruto intratteneva il possente Antonio fuori dalla Curia, per evitare che prestasse soccorso, al segnale convenuto, Publio Servilio Casca Longo sfoderò il pugnale e colpì Cesare al collo, causandogli una ferita superficiale e non mortale. Cesare invece, per nulla indebolito, cercò di difendersi con lo stilo che aveva in mano, e apostrofò il suo feritore dicendo "Scelleratissimo Casca, che fai?" o strillando "Ma questa è violenza!" Casca, allora, chiese aiuto al fratello, e tutti i congiurati che si erano fatti attorno a Cesare si scagliarono con i pugnali contro il loro obbiettivo: Cesare tentò inutilmente di schivare le pugnalate dei congiurati, ma quando capì di essere circondato e vide anche Bruto farglisi contro, si coprì il capo con la toga, e spirò, trafitto da ventitré coltellate. Cadde ai piedi della statua di Pompeo,pronunciando ultime parole Tu quoque, Brute, fili mi! (in latino, "Anche tu Bruto, figlio mio!")

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Vatti a fidare dei parenti a cui lasci le eredità!!!

d'altro canto cesare, come tutti i grandi uomini, si era fatto anche grandi nemici che prima o poi avrebbero presentato il conto...

Michele

Anonimo ha detto...

Hic semper tirannis....
Anche se Cesare aveva, secondo lui, tutte le più buone intenzioni....
Chissà cosa sarebbe stata la storia se fosse vissuto fino a portare a compimento i suoi piani.....
ma con i se non si fa la storia....
The Cat

Andrea ha detto...

Se Cesare avesse portato a termine i suoi piani avremmo avuto l'impero qualche decennio in anticipo. Qualche storico afferma a ferire mortalmtente la Repubblica non è stato Giulio Cesare ma Mario e Silla con le loro decisioni.

Anonimo ha detto...

già... ma Caio Ottaviano avrebbe dovuto ritardare l'entrata in scena.... Anche se poi ha recitato benissimo.....
The Cat

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