mercoledì 29 maggio 2024

La scatola archeologica



Dal sito https://www.scatolaarcheologica.it/ 

Le prime testimonianze archeologiche di frequentazione dell’area risalgono all’epoca della fondazione di Roma nell’VIII secolo a.C.; fra il VI e il III secolo a.C. viene realizzato un muro in blocchi di tufo interpretabile come una torre di guardia, interna alle fortificazioni i cui resti monumentali sono oggi visibili a piazza Albania e in via di Sant’Anselmo.

Un successivo intervento della fine del III secolo a.C. rialza sensibilmente il piano di frequentazione con una colmata di terra e detriti che ha restituito moltissime ceramiche di quell’epoca. Alla metà del II secolo a.C. all’interno di una poderosa muratura in opera incerta, inizia a svilupparsi una domus, inaugurando il cambiamento di destinazione d’uso della zona, da militare a residenziale.

Della domus sono stati riconosciuti i settori abitativi, quelli funzionali per l’immagazzinamento delle derrate alimentari e i sistemi idraulici per lo smaltimento delle acque. I continui rifacimenti edilizi, voluti dalle successive generazioni di proprietari nell’arco di oltre due secoli, dal I a. C. fino al II d. C, sono testimoniati da sei livelli pavimentali sovrapposti che riflettono la ricchezza dei proprietari, forse impegnati nelle attività commerciali dell’Emporium tiberino. Tali trasformazioni sembrano in parte legate all’instabilità del sottosuolo, attraversato da cave per l’estrazione di tufo e pozzolana come materiali da costruzione.

Un’altra straordinaria scoperta consiste in un tramezzo murario con decorazione dipinta, realizzato con un nucleo in terra battuta, una tecnica edilizia raramente attestata a Roma.

Ad epoca traianea (98-117 d. C.) risale un frammento musivo con iscrizione che riflette l’uso semipubblico di un ambiente, riservato ai membri di una associazione. Negli anni di regno dell’imperatore Adriano (117-138 d. C.) si realizzano mosaici in tessere bianche e nere con decorazioni geometriche mentre in età antonina (150-175 d. C.), in quattro vani contigui, i mosaici a motivi geometrici o vegetali sono arricchiti da riquadri in tessere policrome, raffiguranti un pappagallo dalle piume variopinte e un kantharos da cui fuoriescono tralci di vite carichi di foglie e grappoli d’uva.

Per la valorizzazione di questo straordinario complesso la Soprintendenza, con il finanziamento di BNP Paribas, ha ideato una “scatola archeologica”, un contenitore architettonico nel quale sono state delocalizzate e riposizionate le strutture murarie e pavimentali, accanto alle altre stratigrafie riportate in luce durante lo scavo. Le suggestive immagini multimediali di Paco Lanciano e la voce narrante di Piero Angela accompagnano i visitatori in questo emozionante viaggio nel passato.

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