venerdì 21 marzo 2008

Tito Tazio


Tito Tazio non viene normalmente citato nell'elenco dei sette re di Roma che paradossalmente sono, a pieno diritto, otto.

Tazio diventa re di Roma in affiancamento al fondatore, Romolo. Non venne eletto come accadde a Numa Pompilio, non prese il potere con un colpo di stato come Servio Tullio. Tito Tazio era già re prima di venire coinvolto nella storia di Roma.

Secondo quanto narrato da Tito Livio in "Ab Urbe condita libri" il rapimento delle fanciulle (ratto delle Sabine) da parte dei giovani romani scatenò le guerre con i centri vicini.

Qui si cominciano a notare le capacità di Tito Tazio che Livio cita per la prima volta come regem sabinorum, re dei sabini.

Mentre i romani sconfiggono via via i ceninensi, gli antemnati e i crustumini, Tazio trattiene i sabini facendo mostra di voler risolvere la questione con calma.


Tazio corrompe una vergine Vestale, Tarpeia, figlia del comandante della rocca Spurio Tarpeio, e conquista il Campidoglio.

Nella successiva battaglia, ancora una volta Tazio si tiene in disparte. L'eroe della giornata è il sabino Mettio Curzio, il cui nome verrà dato al Lacus Curtius, sito occupato ora dal Foro Romano.E, naturalmente, le eroine sono le rapite sabine che si gettano fra i contendenti e li fermano supplicando dinon spargere - suoceri e generi - empio sangue, a non macchiare con un parricidio i loro nati, nipoti per quelli, figli per questi.

Tito Tazio accetta di buon grado la pace ma viene pattuita anche la fusione dei due popoli. Il regno diventa uno solo. Da allora i due re esercitarono il potere non solo in comune ma anche in perfetta concordia. Tazio si stabilì con il popolo sabino sul Quirinale mentre i romani rimasero sul Campidoglio.


Questa è forse la mitizzazione di una conquista o almeno di una predominanza sabina in Roma. Tanto più credibile se si osserva che come re successore fu eletto un sabino, Numa Pompilio.


Ma Tazio è anche, indirettamente la causa di una minaccia di guerra con i laurenti, gli abitanti di Lavinio. Qualche anno dopo la composizione del regno, infatti, alcuni parenti di Tazio maltrattarono gli ambasciatori dei laurenti che fecero appello al diritto delle genti.

Tazio non se ne diede per inteso e, pur in qualità di re, appoggiò i consanguinei.

Il castigo divino non tardò a venire: mentre era a Lavinio, intento a un solenne sacrificio fu sorpreso dagli avversari e ucciso. Anche in questo caso, come un dantesco contrappasso, il diritto delle genti non venne onorato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao. Sto preparando una tesi sulle superstizioni nell'antica Roma,avendo come testo di base il "Giulio Cesare" di Shakespeare. Non so da dove iniziare, potresti aiutarmi con un tuo post? Grazie

Andrea ha detto...

Grazie per la considerazione. Farò il possibile

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